OBJECTIF CENSIER

Étreintes, Exuvie e À travers Jann ✶ Analisi tematica
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Florentin Groh

Per la quinta edizione del festival Italie Nouvelle - Corpi Celesti, siamo felicissimi di avviare una collaborazione con l’associazione di cortometraggi studentesca Objectif Censier. Lo scopo dell’associazione è di diffondere e promuovere i cortometraggi realizzati dagli studenti di Licence 3 dell’Università Sorbonne Nouvelle, organizzando ogni anno un festival nell’ambito dell’università. Lo studente Florentin Groh ci ha proposto un’analisi tematica legata al tema del corpo su 3 cortometraggio della programmazione: Étreintes, Exuvie et À travers Jann, sotto forma di registrazione video in francese (il riassunto è in italiano sotto forma scritta). Questo progetto permette di aggiungere una dimensione analitica al nostro programma, e di valorizzare le conoscenze di studenti specialisti di cinema.

Quest’analisi si concentrerà su 3 cortometraggi della sezione cinema : Exuvie, di Antoine François ; Étreintes, di Justine Vuylsteker ; À travers Jann, di Claire Juge. Questi 3 cortometraggi affrontano una tematica comune, perché rappresentano il corpo attraverso la figurazione di un ricordo traumatico, e costruiscono un’immagine sperimentale che coinvolge lo spettatore.


Nel primo cortometraggio, Étreintes, la memoria è prima di tutto sensoriale e corporea. L’impegno dello spettatore in uno spazio-tempo psichico è molto importante, con la creazione di un’esperienza poetica della memoria del personaggio femminile. Si può sperimentare questo spazio-tempo specifico con una proiezione sensibile condizionata nella figurazione del ricordo. Questa proiezione della memoria non è metafisica né onirica, nel senso della memoria Kantiana o Nietzschiana, dove si costruisce una trascendenza essenzialista attorno alla quale si erge l’Io che controlla le esperienze e le percezioni. Invece, questa memoria vuole essere molto più intensiva e sensoriale, quasi animista, nella comprensione del corpo e dell’ambiente. Lo spazio-tempo della memoria nel cortometraggio viene rappresentato attraverso diverse percezioni corporee: quando la donna appoggia la mano sul bordo metallico della tazza, che sembra freddo, o i numerosi ricordi di abbracci con il suo compagno fantasma. Il cortometraggio è attraversato da diversi spettri, sia il corpo del compagno della donna, sia l’albero legato ad un ricordo amoroso. L’elemento dell’invisibilità è il centro della rottura della memoria. I corpi svaniscono nello spazio nel momento in cui il ricordo si fa più doloroso o astratto, così da cancellare tutte le tracce dei corpi, delle sensazioni, dei volti e dei suoni. Il suono è importante per il condizionamento cognitivo verso un’alterazione sensoriale. L’approccio semiotico e cognitivo dell’immagine (in particolare quello di Christian Metz o di Wintgenstein), è un’osservazione dell’immagine elementare o superficiale, con un ragionamento simbolico e con estrapolazioni che non permettono di poter capire realmente un’immagine in modo soggettivo o sociologico. L'immagine cinematografica nel suo insieme non esclude l’animazione. L’uso dell’animazione come principio di condizionamento concettuale rimanda ad una teoria primitiva del costruttivismo cinematografico, che interesserà i pensatori sovietici (come Eisenstein o Vertov ad esempio). Secondo l’approccio costruttivista, l’immagine non è l’attualizzazione fantasmatica delle nostre pulsioni, ma quella di un punto di vista che può essere fantasmatico o alterato su un mondo o su una realtà specifica. Jean-Louis Schefer teorizza il potere affettivo dell’immagine a seguito dell’idea fotogenica di Epstein. Questa teoria si costruisce nella proiezione memoriale specifica dello spettatore, che attualizza un punto di vista percettivo costituito dall’introiezione sperimentale e la proiezione dei suoi ricordi sensitivi e affettivi. Si vede quindi delinearsi l’importanza del condizionamento sensitivo nel cortometraggio Étreintes. La linea del disegno, che fa pensare all’espressionismo o al neo-impressionismo porta un tocco di vitalità alle rappresentazioni del corpo con uno splendore organico indipendente, per la ricezione percettiva. Il suono diegetico di frizione della pelle nell’abbraccio insieme alla metamorfosi dei corpi sotto forma di nuvole, permettono di accentuare questo vitalismo. L’ibridazione dei corpi permette una rottura identitaria, una personalizzazione dei corpi, per un’incarnazione romantica o erotica, una sessualizzazione, perché la memoria è prima di tutto quella di una vitalità intensa, quasi fenomenologica, dove il ricordo non è una proiezione percettiva di sé in un tempo passato ma una rimemorizzazione sensoriale e intensa che supera la coscienza stessa. Con la richiesta allo spettatore di immedesimarsi, il cortometraggio invita a un’apertura verso una poetica del corpo che rompe con la logica cartesiana della ragione e del ricordo per dirigersi verso una percezione sensibile dell’universo che ha luogo nel corpo stesso.

Nel secondo cortometraggio, Exuvie, ritroviamo il principio della rottura della memoria ragionata per una memoria affettiva e intensiva. La testimonianza di Marie-Laure si costituisce come una fonte di captazioni radiofoniche classiche. Questa forma di testimonianza conferisce un tocco di autenticità al discorso sulla memoria come conseguenza della malattia di Marie-Laure. La scelta di messa in scena che accompagna questa testimonianza è particolarmente interessante. Il carattere a volte illustrativo dell’animazione può sembrare un po’ rischioso, ma qui, è più sensorio e sperimentale, il che ci riporta alle problematiche di Étreintes. La sperimentazione si trova innanzitutto nell’uso delle forme e dei colori eidetici del corpo sommesso a diverse ibridazioni.

In questo cortometraggio, i corpi si smantellano e si riformano in diversi frammenti di colori chiari e di forme che superano tutta la geometria formalista. Il termine “eidetico” è importante perché il cortometraggio si costruisce secondo una logica di condizionamento proiettivo psichedelico, per trascinare lo spettatore nell’esperienza sensibile del trauma di Marie-Laure.

Nella prima parte del cortometraggio, la frantumazione epidermica e la fluttuazione del corpo di Marie-Laure in un liquido bianco costituiscono uno spazio neutro che permette una rappresentazione sensibile del trauma di Marie-Laure di fronte alla sua malattia. La sequenza, con una ripresa dal punto di vista dello spettatore, permette un’immedesimazione nel ricordo traumatico di Marie-Laure. La scelta del condizionamento sperimentale si vede nella scena dell’abbraccio amoroso, dove i corpi si trasformano in figure non identificabili, che assumono forme eidetiche. Le forme eidetiche sono ibride, come il mandala per esempio, e si creano con l’attualizzazione memoriale delle sensazioni non razionali. Il cortometraggio presenta quindi una doppia lettura sul corpo: figurativa, con la costruzione di una figurazione psichedelica e eidetica del corpo che accompagna la testimonianza del ricordo di Marie-Laure; e spettatoriale, con la creazione di una realtà intensiva per una memoria del corpo dello spettatore, che presuppone la costruzione e la figurazione di una cancellazione.

Nel terzo cortometraggio, À travers Jann di Claire Juge, si ritrova la meccanica della memoria che passa attraverso le sensazioni del corpo e non attraverso la proiezione ragionata di sé nel tempo. Ed è tanto più evidente qui che il trauma di Jann Gallois è il risultato dell’esperienza psichedelica che l’ha distaccata dal proprio corpo e che ha rinnovato la percezione della sopravvivenza di una nascita difficile.

Il cortometraggio è caratterizzato dal dualismo corpo/anima. Prima di tutto, è caratterizzato dalla schizofrenia specifica data dalla resistenza del corpo (cf. le teorie dei filosofi Gilles Deleuze e Félix Guattari, in particolare quella del corpo senza organi). Il corpo senza organi (CsO) è il risultato di una crisi della razionalità capitalista con una considerazione egocentrica del corpo e dei suoi desideri, caratteristica di una fenomenologia spirituale. Questo tipo di ragionamento porta alla costruzione di un desiderio fantasmatico, che ci distrae dai veri desideri provati dal corpo, dato allora come incosciente a causa della loro intensità non razionale. La dualità del corpo senza organi si manifesta nel cortometraggio con il disimpegno spirituale dell'Io con il corpo, attraverso i principi figurativi propri ad una teorizzazione fotogenica dell’immagine (secondo la teoria di Jean Epstein). Il cineasta considera l’immagine come una coscienza percettiva indipendente dal mondo, che ci porta allora in una cognizione alterata sensibile della realtà. L’immagine, nell’ambito dell’analisi di À travers Jann, è rivelatrice di un approccio cognitivo altro del corpo, legato alla testimonianza traumatica di Jann. Ma prima che Jann prenda la parola, lo spettatore è invitato a provare la resistenza del suo corpo, ottenuto dalla rottura cosciente dell’unificazione corpo/anima. L’ambiente della scena di apertura è buio, chiuso dai diversi primi piani delle parti del corpo in movimento, e caratterizzato da un isolamento di ogni figura d’identificazione umana, con l’assenza di viso o di silhouette corporee. Inoltre, i movimenti partecipano alla frantumazione della figura, la sola ripresa del gesto, che si lancia in un movimento di danza, offre allo spettatore la visione mostruosa di un corpo che sembra deformarsi. Assistiamo poi alla frammentazione del quadro filmico, grazie all’uso di un piano americano. Il movimento di danza è allora a scatti e perde la sua ritmica classica, la sua geometrizzazione del corpo, che partecipa al sublime, nel senso kantiano del termine. Questa resistenza del corpo è legata ai primi piani tra queste due sequenze, dove si vedono punte delle dita che graffiano la pelle che si cancella progressivamente, attraverso una saturazione bianca che richiama disegni primitivi. La resistenza del corpo prende allora una piega percettiva, iniziata nella ripresa del fallimento del movimento di danza, con il suono diegetico del graffio e della visione epidermica, che al pari di performances o della body art, rappresenta un punto di rottura nella percezione “normativa” del corpo, dato dall’immediato coinvolgimento nell’esposizione della pelle. Inoltre, si può notare che la cancellazione del corpo testimonia la resistenza di quest’ultimo al suo condizionamento normativo e anatomico, con una distorsione chiara dell’immagine.

La seconda parte del cortometraggio riprende e accentua questo principio di invisibilità. La testimonianza di Jann inizia con la sua esperienza di utilizzo di una droga allucinogena sotto forma di space cake, in un campo lungo dove si vede il corpo intero di Jann, così come qualche sedia di plastica e una facciata. Claire Juge gioca con i poteri figurativi dell’immagine per tagliare il corpo con un principio di ricalco, assistiamo ad una vera danza dell’invisibile, che presuppone la rottura corpo/anima che sarà avviata dal trip psichedelico e lo strappo sensoriale che seguirà. Il corpo si dissocia quindi tra una forma invisibile e vuota, ed una forma piena e fisiologica che riappare nel tempo con movimenti fugaci sulla superficie invisibile dove sussistono solo i contorni fisici di Jann. Questa forma trasparente testimonia l’impossibilità per Jann di ancorare il proprio corpo nello spazio, in connessione con la ricerca spirituale che sta per avviare. Lo spettatore è quindi invitato a provare l’impossibilità di un’immobilità fisica, che simboleggia la difficoltà che ha il corpo senza organi di Jann. Questo principio di ricalco del corpo nello spazio riappare durante la scena della meditazione, dove Jann spiega le sensazioni che seguirono l’esperienza prima dell’incontro con la sciamana. Il corpo si dissocia quindi dalla propria protezione visibile, che si riempie dello stesso bianco che aveva cancellato la sua superficie fisiologica durante i primi piani del graffio. La pelle rimane statica, mentre il corpo di Jann percorre lo spazio attorno.

Qui inizia il punto di svolta del cortometraggio con un allontanamento dall’approccio metafisico di riconnessione dell’anima al corpo, e la ricerca di una ricomposizione del corpo che sarà consigliata dalla sciamana. Anche se il discorso della sciamana e ancor più quello di Jann sembrano adottare accenti cosmologici, è interessante notare come l’uso della meditazione è usato per riaffermare non una postura che sarà estatica a sé stessa bensì per riapprendere una connessione interdipendente con il proprio corpo. Questo riapprendimento occupa allora tutta l’ultima parte del cortometraggio con un primo piano di un cubetto di ghiaccio che verrà posto sulla pelle di una parte del corpo che supponiamo essere un ginocchio, e che offre una sorta di rottura con una possibile proiezione possibile immaginata e la ripresa della sensualità che sarà propria a Jann. Del cortometraggio quello che ci interessa, rispetto al tema dell’iniziazione, è la scena finale in campo lungo, dove si vede Jann danzare. L’ambiente contrasta con la scena iniziale e le prime immagini di danza, chiuse e scure, per adottare qui un’apertura totale del quadro. La danza, dagli accenti postmodernisti nella disciplina contemporanea ha una funzione quasi rituale con una riconnessione di sé: la figura di Jann e il suo corpo, la forma fisiologica. La danza ha dunque un valore di estasi intensiva ed emotiva che permette una riconnessione al proprio corpo. L’immagine trasmette questa intensità del corpo, in riferimento alle teorie di Béla Balàzs con una rottura corporea formale e un’espressività cinestesica date da una proiezione alterata e condizionata nella costituzione del quadro e della ripresa.

À travers Jann è quindi una storia d’iniziazione ad una nuova conoscenza del proprio corpo, attraverso una riconnessione con esso e la conseguente perdita dell’egocentrismo dell’anima. Questo nuovo apprendimento passa quindi attraverso il valore estatico della danza, sia per la danzatrice che per lo spettatore, entrambi portati in un’apertura animista delle percezioni del corpo grazie alla proiezione cinestesica condizionata.

Per concludere, questi 3 cortometraggi presentano delle problematiche interessanti per quanto riguarda la rappresentazione del corpo e del valore dell’immagine, dato che la figurazione di una memoria passerà attraverso un impegno cognitivo da parte dello spettatore, che vedrà la sua memoria intensiva sull’orlo di aprire l’immagine ad un valore che sarà completamente nihilista.

Traduction de Coline Bernard et Lara Mastrantonio.


Studente al secondo anno di Master di Studi Cinematografici e Audiovisivi all'Università Sorbonne Nouvelle, e laureato in Scienze dell’Informazione e della Comunicazione, menzione Arti e Tecniche dei Pubblici, mi sto specializzando nella filosofia dell’immagine sperimentale, in particolare nelle rappresentazioni delle violenze e delle ibridazioni del corpo nel cinema horror. I miei approcci teorici si articolano attorno alle abitazioni alterate spazio-temporali eterotopici consentiti dall’immagine, e si avvicinano alle teorie dei poteri animisti dell’immagine della ricercatrice Teresa Castro. Le questioni della costruzione spaziale e ambientale per la sopravvivenza di una relazione intensiva nel mezzo all’ambiente mi interessano particolarmente, soprattutto con i diversi lavori accademici realizzati sul problema della proiezione sensoriale nello spazio attraverso diversi generi filmici. Attualmente sto finendo la mia tesi sul valore nichilista dell’immagine nella rappresentazione della metamorfosi del corpo nella trilogia Hellraiser. I cortometraggi della selezione sono rivelatori di una logica di messa in scena del corpo che provoca una costruzione affettiva dell’immagine. La scelta del titolo, così come i tre cortometraggi scelti per l’analisi, è sintomo di un problema che mi ossessiona nelle mie ricerche, quello di una coscienza altra di un corpo permessa dall’immagine, che condurrebbe ad una nuova percezione.

Traduction de Coline Bernard et Barbara Lorizzo.

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